domenica 29 giugno 2014

I Fuochi del Sacro Cuore di Gesù calano anche in Vallagarina: folclore politico pantirolese o "impegno all'accoglienza e al dialogo"?



Ecco una novità locale che merita di non passare inosservata: le Compagnie Schützen di Vallarsa-Trambileno, Dèstra Àdes e Roverédo hanno deciso quest’anno di importare in Vallagarina una tradizionale usanza religioso-politica prettamente tirolese degli ultimi due secoli, “I Fuochi del Sacro Cuore di Gesù”.
Si possono osservare, surrogati da moderne lampade elettriche, solo questa notte, guardando in direzione del Monte Pazùl della frazione Porte di Trambileno, a Servìs di Pomarolo e a Montalbano a Mori (la foto qui riprodotta ritrae proprio quest’ultimo “santuario del silenzio”, agghindato oggi di un maxi sacro cuore gesuita e di lunghi stendardi di Tirolo e Vaticano).
Nel 1996 il vescovo altoatesino Wilhelm Egger stigmatizzò la possibile enfatizzazione dell'aspetto politico-patriottico della festa del Sacro Cuore, ribadendone il valore soprattutto religioso, inteso come impegno all'accoglienza e al dialogo.


Il Santuario di Montalbano a Mori agghindato per questa notte

Per maggiore comprensione del fenomeno pubblichiamo il saggio di Carlo Romeo “I fuochi del Sacro Cuore” apparso sul "Corriere dell'Alto Adige" in data 8 giugno 2004:
Ogni anno, nella sera di una domenica di metà giugno (quasi in corrispondenza al solstizio d'estate), si accendono sulle montagne del Tirolo i fuochi della festa del Sacro cuore. Tale accensione, prescindendo dalla sua affinità con antichissimi riti pagani, richiama le vicende di una delle devozioni di massa più importanti dal punto di storico per la nostra regione. Presente sin dal tardo Medioevo, il culto del Cuore di Gesù si afferma pienamente in Francia a partire dal XVII secolo, soprattutto grazie alle visioni della suora della Visitazione Marguerite Marie Alacoque (1647-1690). La visione del Cuore infiammato, circondato da una corona di spine e sormontato da una croce, ha un immediato esito iconografico. Il dipinto romano del Batoni (1765) costituisce il modello principale di tutta l'iconografia successiva. Sostenuto con vigore dai gesuiti (lo stesso padre La Colombière, confessore e biografo dell'Alacoque, era un gesuita), la devozione incontra subito le resistenze di numerosi circoli ecclesiastici, in particolare dei giansenisti. Questi ultimi criticano, più che il fondamento teologico, gli aspetti eccessivamente emozionali, doloristici e irrazionali della devozione, che tuttavia, grazie alle "missioni popolari" dei gesuiti, si diffonde capillarmente soprattutto in ambito rurale.
Il legame fra tale culto e la difesa della politica assolutistica sembra emergere sin dall'inizio nelle lettere inviate dall'Alacoque a Luigi XIV, il famoso "Re Sole". Secondo la monaca, dalla consacrazione della dinastia e dell'intera Francia al Sacro Cuore sarebbero scaturiti anche dei vantaggi temporali.
Il Tirolo e il Sacro cuore
Per il Tirolo il patto col Sacro cuore ha una data ben precisa. Il 1° giugno 1796 il comitato ristretto della dieta (parlamento) tirolese delibera formalmente di celebrare ogni anno la festa del Sacro cuore, auspicandone l'aiuto e il soccorso nella grave situazione di pericolo in cui si trova la patria. L'armata del generale francese Bonaparte, infatti, sta avanzando da sud, sbaragliando le resistenze asburgiche. I "diavoli francesi", come vengono chiamati nelle prediche dell'epoca, non sono soltanto nemici "nazionali" ma anche portatori di idee rivoluzionarie che mettono a soqquadro l'ordine antico, basato sull'alleanza tra trono ed altare. Nasce così il cosiddetto "patto col Sacro cuore" (Herz-Jesu-Bund) da parte del Land Tirol. Il concetto di questa singolare "alleanza", anche se discutibile da un punto di vista teologico, ha comunque un preciso significato a livello politico. In primo luogo, infatti, tale "patto" mobilita le masse popolari grazie alla capillare propaganda ecclesiastica. La stessa cosa era avvenuta pochi anni prima nel dipartimento della Vandea in Francia, quando contadini e nobili si erano trovati a combattere fianco a fianco, col Sacro cuore appuntato sul petto, contro il nuovo regime giacobino. In secondo luogo, il "patto" col Signore ribadisce il ruolo di guida nei confronti del popolo da parte delle autorità tirolesi (nobiltà e clero), le quali nell'occasione si fanno persino intermediatrici tra il divino Alleato e la totalità del Land tirolese.
L'avanzata francese lambisce il Tirolo; l'invasione è però solo rimandata. Nell'eroica insurrezione hoferiana di pochi anni dopo (1809) il Sacro cuore torna tra i vessilli degli Schützen tirolesi che combattono contro gli occupanti bavaresi e francesi.
Nell'Ottocento
Collegato in questo modo alla difesa dell'«ancien régime», il culto del Sacro cuore varrà nel corso del XIX secolo anche come richiamo alla resistenza contro gli sviluppi liberali e laicisti delle società europee. La beatificazione dell'Alacoque avviene nello stesso anno (1864) in cui Pio IX promulga Il Sillabo, la dura condanna degli «errori moderni». A farsi portavoce in Tirolo di questa mobilitazione antimodernista sarà il vescovo di Bressanone Vinzenz Gasser (1856-1879), chiamato dallo stesso Pio IX "colonna del Concilio" (Vaticano I) per la sua radicale difesa dei diritti della Chiesa minacciati dalla secolarizzazione. Particolare solennità avrà, sotto la sua regia, la celebrazione della festa nel giugno del 1876, come protesta contro l'istituzione di comunità evangeliche nel Tirolo, autorizzate da parte delle autorità asburgiche nonostante le furiose resistenze locali.
Per il Tirolo (heiliges Land) i rinnovi del patto sembrano scandire anche la trasformazione del proprio ruolo geopolitico. In seguito alle guerre di indipendenza italiane (1848/9, 1859, 1866) il Tirolo diviene, infatti, il baluardo meridionale dell'impero austro-ungarico. L'unità politica, minacciata anche dall'irredentismo trentino, diviene tutt'uno con l'unità religiosa. Sullo scorcio del secolo, in occasione del centenario del patto col Sacro cuore (1896), tra i pericoli che minacciano la patria viene individuato anche il pangermanesimo antiromano ed antiasburgico di Schönerer.
Nel Novecento
Travolto dalla bufera della prima guerra mondiale, il Tirolo subisce la lacerazione della sua unità territoriale. Le immagini del cuore sanguinante e, in generale, della Passione di Cristo vengono esplicitamente connesse alle vicende del Tirolo. Così recita una poesia di Peter Paul Rainer del 1921: «Il Tirolo è un cimitero delle Tue sofferenze. O Signore crocefisso! Abbraccia paternamente il mio Tirolo e stringilo al tuo cuore sanguinante».
Tra le due guerre il culto del Sacro cuore, unito a quello del Cristo re (la cui festa è istituita nel 1925), torna ad avere per la Chiesa cattolica il valore di paradigma antimodernista. La «regalità sociale di Cristo» diviene principio teologico del progetto di "riconquista" cattolica delle società europee sempre più secolarizzate.
Per la Chiesa sudtirolese (allora divisa tra le diocesi di Trento e Bressanone) l'impegno tra le due guerre viene rivolto anche contro la politica di snazionalizzazione perseguita dal fascismo e la penetrazione del «neopaganesimo razzista» di Hitler. Proprio contro questo nuovo, devastante pericolo, in uno scenario di morte e distruzione, si svolge il giuramento di fedeltà al Signore del 1944, raccontato da Hans Egarter, capo del movimento di resistenza sudtirolese «Andreas Hofer Bund».
Nel secondo dopoguerra
Nell'immediato dopoguerra, quando ancora le speranze di un'annessione all'Austria non si erano spente, alcuni circoli autorizzati dal vescovo brissinese Geisler (lo stesso che nel 1940 aveva optato per la Germania) tentarono di trasformare la solenne celebrazione del giugno 1946 in una dimostrazione popolare a sostegno dell'autodeterminazione. Forse anche per l'energica presa di posizione della diocesi tridentina (attraverso il vicario Josef Kögl) tale tentativo fu impedito, e la festa diede semmai l'immagine della ritrovata concordia all'interno del gruppo sudtirolese, dopo la lacerazione causata dalle opzioni e dalla guerra.
Successivamente gli sporadici episodi di strumentalizzazione politica della festa (famoso quello della "notte dei fuochi" del 1961) si rivelarono vani e marginali. Ancora nel "bicentenario" del 1996 il vescovo Wilhelm Egger stigmatizzò la possibile enfatizzazione dell'aspetto politico-patriottico della festa del Sacro cuore, ribadendone il valore soprattutto religioso, inteso come impegno all'accoglienza e al dialogo.


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